Giovanni ha 55 anni, vive a Bresso, è grande tifoso dell’Inter e scrive per il periodico della parrocchia. Laureato in Giurisprudenza, ha lavorato per oltre undici anni in Comune e oggi collabora con uno Studio Legale, con il quale aveva già iniziato il suo percorso professionale oltre vent’anni fa.
Da Gennaio 2026, Giovanni inizierà un nuovo percorso: frequenterà il corso promosso da LEDHA per diventare consulente alla pari del Centro per la Vita Indipendente Nord Milano.
Che cos’è un consulente alla pari?
Questa figura nasce negli anni ’70 nelle università americane, dall’idea che le persone con disabilità possano condividere esperienze e punti di vista per arrivare a co-costruire risposte pratiche ai bisogni quotidiani. Negli anni ’80, approda anche in Italia, dove si lega in particolare ai concetti di vita indipendente, lavoro e cittadinanza attiva. Solo negli ultimi anni, grazie anche alla Legge 25/2022 di Regione Lombardia, ha iniziato a ricevere un riconoscimento più chiaro in termini di definizione del ruolo e competenze.
Il consulente alla pari è una persona con disabilità che mette a disposizione il proprio vissuto per sostenere altre persone con disabilità. A differenza degli educatori che, seppur con le proprie competenze professionali, hanno un approccio che parte inevitabilmente da un punto di vista diverso, il consulente alla pari condivide la stessa prospettiva: vive ogni giorno in prima persona l’esperienza della disabilità e, proprio per questo, può immedesimarsi e offrire un sostegno più vicino e concreto. È un sostegno che nasce “tra pari”: non imposto dall’alto, ma costruito insieme, nel riconoscimento reciproco di bisogni, esigenze e sfide quotidiane.
Giovanni ci spiega: «Un consulente alla pari deve aiutare le persone con disabilità a dire la loro opinione e a far sentire la loro voce».
Per farlo, servono attenzione e delicatezza. Ecco alcuni principi guida:
- Non dare mai l’impressione di volersi imporre, ma portare la propria visione rispettando prima di tutto quella degli altri.
- Trasformare le parole in consigli, non in imposizioni.
- Parlare in terza persona: non dire “io farei così”, che potrebbe sembrare prevaricante, ma “secondo la mia esperienza, si potrebbe fare così…”.
Giovanni e la sua esperienza
“Non serve fare sempre cose eccezionali: a volte basta esserci, con la propria esperienza e il proprio modo di sentire”, racconta Giovanni.
Lo dimostrano alcuni episodi. Quando una persona lo ha contattato perché si sentiva sola, ha semplicemente attivato la rete parrocchiale per trovare qualcuno disposto a fare compagnia. In un altro caso, in vista di un pellegrinaggio a Lourdes, ha suggerito di partire “col cuore aperto” e accogliere tutto ciò che l’esperienza avrebbe portato.
Sono esempi concreti di come il consulente alla pari non imponga mai soluzioni, ma offra spunti nati dal proprio percorso, e sempre nel rispetto dell’altro.
Un aiuto anche sul fronte dei diritti
Grazie alla sua formazione giuridica, Giovanni spera di accompagnare le persone con disabilità anche nell’orientamento rispetto a leggi, tutele e sostegni disponibili: un altro modo per rendere concreta la possibilità di costruire il proprio progetto di vita.
Una figura nuova, da costruire insieme
Si tratta di un ruolo ancora giovane, che solo negli ultimi anni sta trovando definizione e percorsi di formazione specifici. È un cammino in costruzione, che prende forma anche grazie a chi – come Giovanni – sceglie di mettersi in gioco portando ogni giorno la propria esperienza.